Respingimenti in mare verso la Libia: la CEDU accerta che si tratta di espulsioni collettive a rischio di maltrattamenti, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione e dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione

Strasburgo, 23 febbraio 2012 – Con sentenza del 23 febbraio 2012 resa in Grande Camera, la C.E.D.U. ha deciso il caso Hirsi e altri c. Italia, accertando all’unanimità che i ricorrenti, intercettati in mare dalle autorità italiane, erano sottoposti alla giurisdizione italiana ai sensi dell’articoli 1 della Convenzione, che vi è stata una duplice violazione dell’articolo 3  in quanto i ricorrenti, rimandati in Libia, erano esposti al rischio di subire maltrattamenti e di essere rimpatriati verso la Somalia e l’Eritrea, loro paesi d’origine. Infine che vi è stata violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 alla Convenzione che vieta le espulsioni collettive nonché la violazione dell’articolo 13 combinato con gli articoli 3 della Convenzione e 4 del Protocollo n. 4.

Il caso riguardava un gruppo di migranti, cittadini somali ed eritrei, provenienti dalla Libia, fermati in mare e quindi ricondotti in Libia dalle autorità italiane.

Hirsi c. Italia, il caso è stato esaminato dalla CEDU in Grande Camera

Strasburgo, 25 giugno 2011 – Mercoledì 22 giugno si è tenuta l’udienza pubblica di Grande Camera davanti alla CEDU per il caso Hirsi c. Italia.  Il caso riguarda un gruppo di migranti, somali ed eritrei, provenienti dalla Libia, arrestati in mare e ricondotti in Libia dalle autorità italiane. Qui potrete trovare la trasmissione dell’udienza in versione originale, in inglese e in francese.

La sentenza verrà pubblicata successivamente.

Ho assistito all’udienza e ritengo che la CEDU dichiarerà che vi è stata violazione di tutti gli articoli invocati dai ricorrenti.

 

Respingimenti in mare, la CEDU esaminerà il caso Hirsi e altri c. Italia in Grande Camera il 22 giugno 2011

Strasburgo, 5 giugno 2011 – Il 22 giugno 2011 la CEDU, riunita in Grande Camera, tratterà in udienza pubblica il caso Hirsi e altri c. Italia. Il caso riguarda un gruppo di migranti, somali ed eritrei, provenienti dalla Libia, arrestati in mare e ricondotti in Libia dalle autorità italiane.

I ricorrenti, assieme a circa altre 200 persone, nel 2009, lasciarono la Libia a bordo di tre imbarcazioni per raggiungere le coste italiane. Tra loro vi erano bambini e donne incinte. Il 6 maggio 2009, le tre imbarcazioni, che si trovavano a circa 35 miglia a sud dell’isola di Lampedusa, quindi nell’area di ricerca di competenza maltese, furono intercettate da imbarcazioni della Guardia di Finanza e della Guardia costiera italiane. Gli occupanti delle imbarcazioni intercettate furono trasferiti sulle imbarcazioni militari italiane e ricondotti a Tripoli.

I ricorrenti affermano che durante il viaggio i militari italiani non li informarono della loro destinazione e non effettuarono alcuna procedura di identificazione. Una volta arrivati presso il porto di Tripoli, i migranti furono consegnati alle autorità libiche.

In occasione di una conferenza stampa tenutasi il 7 maggio 2009 il ministro dell’Interno italiano dichiarò che le operazioni di intercettazione delle imbarcazioni in alto mare e il rinvio dei migranti in Libia erano la conseguenza dell’entrata in vigore, il 4 febbraio 2010, di un accordo bilaterale concluso con la Libia che dava una svolta decisiva nella lotta all’immigrazione clandestina.

I ricorrenti ritengono che questi fatti siano da ricondurre alla competenza giurisdizionale dell’Italia, ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione.

I ricorrenti ritengono inoltre che sia stato violato l’articolo 3 della Convenzione (divieto di trattamenti inumani o degradanti) perché la decisione delle autorità italiane di intercettare in alto mare le imbarcazioni e di respingere i loro occupanti immediatamente verso la Libia li abbia esposti al rischio di essere sottoposti a maltrattamenti.

I ricorrenti, invocando sempre l’articolo 3 della Convenzione, hanno espresso inoltre il timore di poter essere rispediti verso i loro paesi d’origine, la Somalia e l’Eritrea, dove potrebbero essere esposti a maltrattamenti.

I ricorrenti si lamentano inoltre della violazione dell’articolo 4 del Protocollo n. 4 per aver subito un’espulsione collettiva illegittima.

I ricorrenti invocano infine l’articolo 13 della Convenzione (diritto ad un ricorso effettivo) in quanto non hanno avuto a disposizione alcuna via di ricorso effettiva in Italia per lamentarsi delle violazioni di cui agli articoli 3 della Convenzione e 4 del Protocollo n. 4.

Il ricorso è stato presentato il 26 maggio 2009 e la Camera a cui era stato inizialmente assegnato ha trasmesso il caso alla Grande Camera il 15 febbraio 2011.