Nel caso Varvara c. Italia, la C.E.D.U. sanziona nuovamente l’Italia per la confisca di beni oggetto di lottizzazione abusiva

Strasburgo, 5 novembre 2013 – Con sentenza del 29 ottobre 2013, la C.E.D.U. ha deciso sul caso Varvara c. Italia, accertando la violazione degli articoli 7 della Convenzione (nulla poena sine lege) e dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 (protezione dei beni) alla Convenzione, a causa della confisca di alcuni beni oggetto di lottizzazione abusiva.

Nel 1984, il ricorrente aveva ottenuto l’approvazione, da parte del Comune di Cassano delle Murge in Puglia, di un progetto di lottizzazione nei pressi della foresta di Mercadante.

Successivamente, a seguito dell’entrata in vigore di due leggi (la n. 431/1985 e la n. 30/1990) e alla presentazione della richiesta di variante da parte del ricorrente, tale progetto fu ritenuto illegittimo. Fu quindi aperta una procedura penale per lottizzazione abusiva che si concluse con l’assoluzione del ricorrente. Tuttavia, i beni oggetto della lottizzazione furono confiscati.

Il ricorrente si si lamentò davanti alla C.E.D.U. che la misura della confisca dei beni era stata applicata in assenza di un giudizio di condanna. Inoltre, tale misura era da considerarsi palesemente illegittima e sproporzionata.

La C.E.D.U., accertando le violazioni denunciate, ha riconosciuto al ricorrente, a titolo di risarcimento danni, la somma di 10.000 euro, mentre, per la quantificazione dei danni materiali, si è riservata di decidere successivamente.

In tema di confisca per lottizzazione abusiva, precedentemente al caso Varvara c. Italia, la C.E.D.U. si è già pronunciata nel caso Sud Fondi e altri c. Italia.

La C.E.D.U. ha inoltre recentemente comunicato al Governo italiano i casi Falgest S.r.l. e altri c. Italia, Hotel Promotion Bureau S.r.l. e altri c. Italia e Petruzzo e altri c. Italia.

SCOPPOLA c. Italia, udienza in Grande Camera

Strasburgo, 8 gennaio 2009 – Ieri 7 gennaio 2009 si è tenuta l’udienza in Grande Camera per il caso SCOPPOLA c. Italia (ricorso n. 10249/03). Ricordo che in questo caso il ricorrente, condannato all’ergastolo per aver assasinato sua moglie e ferito uno dei suoi figli, afferma di essere stato condannato ad una pena più grave di quella prevista per legge, ciò a causa dell’applicazione retroattiva del decreto legge n. 341 del 24 novembre 2000.

La CEDU ha esaminato il caso sia sotto il profilo dell’articolo 7 (nulla poena sine lege) che dell’art. 6 § 1 (diritto ad un processo equo) della Convenzione.

Ricordo che il presente ricorso è stato presentato in data 24 marzo 2003 e che, con decisione dell’8 settembre 2005, è stato dichiarato parzialmente ricevibile. Il 13 maggio 2008, la CEDU ha emesso una decisione finale sulla ricevibilità del ricorso. In particolare, con tale seconda pronuncia, la CEDU ha evidenziato che esiste una questione delicata, volta a verificare se le disposizioni introdotte dal decreto legge n. 341/2000 abbiano violato i principi di un processo equo come garantiti dall’articolo 6 § 1 della Convenzione.

Prossimamente la CEDU pubblicherà la sentenza, sicuramente di particolare interesse.