Eccessiva durata della procedura fallimentare: in giugno la CEDU emette sei sentenze nei confronti dell’Italia

Strasburgo, 14 luglio 2009 – Il 9 e il 23 giugno 2009, la CEDU ha deciso in sei casi di eccessiva durata di procedure fallimentari, accertando la violazione da parte dell’Italia del’articolo  6 § 1, ma anche degli articoli 8 e 13 della Convenzione. I casi esaminati sono stati SCANNELLA e altri c. Italia, (n. 33873/04), ROCCARO c. Italia, (n. 34562/04), CARBET e altri c. Italia (n. 13697/04), VINCI MORTILLARO c. Italia (29070/04), DIURNO c. Italia, n. 37360/04, e nel caso DI PASQUALE c. Italia, (n. 27522/04).

In maggio la CEDU accerta ancora un caso di violazione dell’articolo 3 della Convenzione in caso di espulsione verso la Tunisia. Inoltre, altre condanne in quattro casi di fallimento e in due casi di esproprio

Strasburgo, 7 giugno 2009 – Nel mese di maggio la CEDU ha emesso nei confronti dell’Italia 8 pronunce, una decisione e sette sentenze.

Nel caso Sellem c. Italia (ricorso n. 12584/08) con sentenza del 5 maggio 2009, la CEDU ha accertato la violazione dell’art. 3 in caso di espulsione verso la Tunisia.

Nel caso Labbruzzo c. Italia (ricorso n. 10022/02), con sentenza del 5 maggio 2009, la CEDU ha radiato dal ruolo questo caso, in quanto le parti hanno raggiunto una composizione bonaria della vertenza. In questa vicenda, che riguarda un esproprio formale, la CEDU aveva già accertato, con sentenza del 5 ottobre 2006, la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1. Il Governo italiano provvederà a corrispondere ai ricorrenti la somma complessiva di 15.000 euro.

Nel caso Gasparini c. Belgio e Italia (ricorso n. 10750/03) la CEDU, con decisione del 12 maggio 2009, ha dichiarato il ricorso inammissibile perché  manifestatamene infondato, respingendolo ai sensi dell’art. 35 §§ 3 e 4 della Convenzione. Il ricorrente, cittadino italiano, dipendente della NATO si era rivolto alla Commissione d’impugnazione di questa organizzazione internazionale per ottenere che i contributi da corrispondere venissero calcolati in base ad un tasso più favorevole. Vedendosi respingere la richiesta, si era rivolto alla CEDU, invocando la violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione (equità della procedura). La CEDU, dopo aver esaminato l’aspetto del trasferimento del potere sovrano del componimento dei conflitti riguardanti cause di lavoro da parte dell’Italia e del Belgio alla NATO, ha affermato che gli Stati convenuti, al momento dell’approvazione del regolamento riguardante il personale civile della NATO, avano potuto ritenere a buon diritto che la procedura davanti alla Commissione della NATO sarebbe stata conforme ai principi di equità.

Il 26 maggio 2009, la CEDU si è inoltre pronunciata in quattro casi di fallimento.Nei casi Maria Vicari c. Italia (ricorso n. 13606/04), Cavalleri c. Italia (ricorso n. 30408/03), Colombi c. Italia (ricorso n. 24824/03) e Mur c. Italia (ricorso n. 6480/03) la CEDU ha infatti accertato la violazione degli articoli 6 § 1 (durata della procedura) e 8 e 13 della Convenzione, nonché dell’art. 2 del Protocollo n. 4. La CEDU ha quindi condannato l’Italia a corrispondere nel caso Vicari la somma di 17.400 euro per danni morali, oltre a 2.000 euro per spese e competenze di lite; nel caso Cavalleri la somma di 24.000 euro per danni morali, oltre a 2.000 euro per spese e competenze di lite; nel caso Colombi la somma di 3.000 euro per danni morali, oltre a 2.000 euro per spese e competenze di lite; nel caso Mur, la somma di 22.000 euro, oltre a 2.000 per spese e competenze di lite.

Infine, nel caso Rossitto c. Italia (ricorso n. 7977/03, con sentenza del 26 maggio 2009, la CEDU ha accertato la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1. In questo caso il terreno di proprietà della ricorrente era stato sottoposto a zona adibita a verde pubblico per diverse volte con conseguente divieto assoluto di costruire in attesa dell’esproprio che, tuttavia, non è mai avvenuto. La CEDU ha condannato l’Italia a corrispondere la somma di 130.000 euro per danni materiali, 5.000 euro per danni morali e 5.000 euro per spese e competenze legali.

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa adotta una nuova risoluzione interinale riguardante l’eccessiva durata delle procedure giudiziarie in Italia

Strasburgo, 27 marzo 2009 – Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, ha adottato, la settimana scorsa, una nuova Risoluzione interinale riguardante l’eccessiva durata delle procedure giudiziarie in Italia. Questa nuova risoluzione ha fatto seguito alle Risoluzioni interinali CM/ResDH(2007)2 sul problema dell’eccessiva durata delle procedure giudiziarie, e CM/ResDH(2007)27 sulle procedure fallimentari.

Il Comitato dei Ministri ha osservato con interesse lo stato di avanzamento delle misure adottate fino ad ora nell’ambito delle procedure civili, penali e amministrative. Ha tuttavia sottolineato che, considerato il notevole arretrato giudiziario in campo civile e penale (circa 5.5 milioni di casi civili e 3.2 milioni di casi penali), nonché in campo amministrativo, una soluzione definitiva al problema strutturale della lunghezza delle procedure deve essere ancora trovata.

Il Comitato si è pertanto appellato alle autorità italiane affinché continuino a impegnarsi attivamente nel garantire la rapida adozione delle misure già stabilite in materia di procedure civili e penali, e nell’adottare quanto prima misure ad hoc volte a ridurre l’arretrato giudiziario in ambito civile, penale e amministrativo. Ha altresì fortemente incoraggiato le autorità a prendere in considerazione un emendamento alla legge n. 89/2001 (Legge Pinto), al fine di istituire un sistema di finanziamento in grado di risolvere i problemi di ritardo nel pagamento degli indennizzi accordati, di semplificare le procedure per ottenere gli stessi, nonché di includere ai mezzi di ricorso delle ingiunzioni che consentano di accelerare le procedure in questione.

Il Comitato dei Ministri ha inoltre osservato che la riforma del 2006 riguardante le procedure fallimentari ha contribuito a ridurne il numero e ad accelerarli, riducendo la fase di verifica dei crediti. Ha sollecitato le autorità italiane a continuare a impegnarsi, al fine di garantire che la riforma contribuisca appieno all’accelerazione delle procedure fallimentari, e di adottare misure volte ad accelerare le procedure pendenti ai quali la riforma non è applicata.

Il Comitato invita infine le autorità italiane a garantire l’attuazione delle riforme, nonché a valutarne gli effetti in corso di avanzamento, al fine di adottare, ove necessario, ulteriori misure. Il Comitato continuerà a valutare l’attuazione di tali casi non oltre la fine del 2009 per quanto riguarda le procedure amministrative, e non oltre la metà del 2010 per quel che concerne le procedure civili, penali e fallimentari.

Link alla Risoluzione interinale CM/ResDH(2009)42