In maggio la CEDU accerta ancora un caso di violazione dell’articolo 3 della Convenzione in caso di espulsione verso la Tunisia. Inoltre, altre condanne in quattro casi di fallimento e in due casi di esproprio

Strasburgo, 7 giugno 2009 – Nel mese di maggio la CEDU ha emesso nei confronti dell’Italia 8 pronunce, una decisione e sette sentenze.

Nel caso Sellem c. Italia (ricorso n. 12584/08) con sentenza del 5 maggio 2009, la CEDU ha accertato la violazione dell’art. 3 in caso di espulsione verso la Tunisia.

Nel caso Labbruzzo c. Italia (ricorso n. 10022/02), con sentenza del 5 maggio 2009, la CEDU ha radiato dal ruolo questo caso, in quanto le parti hanno raggiunto una composizione bonaria della vertenza. In questa vicenda, che riguarda un esproprio formale, la CEDU aveva già accertato, con sentenza del 5 ottobre 2006, la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1. Il Governo italiano provvederà a corrispondere ai ricorrenti la somma complessiva di 15.000 euro.

Nel caso Gasparini c. Belgio e Italia (ricorso n. 10750/03) la CEDU, con decisione del 12 maggio 2009, ha dichiarato il ricorso inammissibile perché  manifestatamene infondato, respingendolo ai sensi dell’art. 35 §§ 3 e 4 della Convenzione. Il ricorrente, cittadino italiano, dipendente della NATO si era rivolto alla Commissione d’impugnazione di questa organizzazione internazionale per ottenere che i contributi da corrispondere venissero calcolati in base ad un tasso più favorevole. Vedendosi respingere la richiesta, si era rivolto alla CEDU, invocando la violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione (equità della procedura). La CEDU, dopo aver esaminato l’aspetto del trasferimento del potere sovrano del componimento dei conflitti riguardanti cause di lavoro da parte dell’Italia e del Belgio alla NATO, ha affermato che gli Stati convenuti, al momento dell’approvazione del regolamento riguardante il personale civile della NATO, avano potuto ritenere a buon diritto che la procedura davanti alla Commissione della NATO sarebbe stata conforme ai principi di equità.

Il 26 maggio 2009, la CEDU si è inoltre pronunciata in quattro casi di fallimento.Nei casi Maria Vicari c. Italia (ricorso n. 13606/04), Cavalleri c. Italia (ricorso n. 30408/03), Colombi c. Italia (ricorso n. 24824/03) e Mur c. Italia (ricorso n. 6480/03) la CEDU ha infatti accertato la violazione degli articoli 6 § 1 (durata della procedura) e 8 e 13 della Convenzione, nonché dell’art. 2 del Protocollo n. 4. La CEDU ha quindi condannato l’Italia a corrispondere nel caso Vicari la somma di 17.400 euro per danni morali, oltre a 2.000 euro per spese e competenze di lite; nel caso Cavalleri la somma di 24.000 euro per danni morali, oltre a 2.000 euro per spese e competenze di lite; nel caso Colombi la somma di 3.000 euro per danni morali, oltre a 2.000 euro per spese e competenze di lite; nel caso Mur, la somma di 22.000 euro, oltre a 2.000 per spese e competenze di lite.

Infine, nel caso Rossitto c. Italia (ricorso n. 7977/03, con sentenza del 26 maggio 2009, la CEDU ha accertato la violazione dell’art. 1 del Protocollo n. 1. In questo caso il terreno di proprietà della ricorrente era stato sottoposto a zona adibita a verde pubblico per diverse volte con conseguente divieto assoluto di costruire in attesa dell’esproprio che, tuttavia, non è mai avvenuto. La CEDU ha condannato l’Italia a corrispondere la somma di 130.000 euro per danni materiali, 5.000 euro per danni morali e 5.000 euro per spese e competenze legali.

Tre casi di esproprio comunicati al Governo italiano in gennaio 2009

Strasburgo, 6 febbraio 2009 – La CEDU in gennaio 2009 ha comunicato al Governo Italiano tre casi di esproprio.

Sono i casi CHINNICI c. Italia, ricorso n. 22432/03 presentato in data 4 luglio 2003, CRESTACCI c. Italia, ricorso n. 37894/04, presentato il 28 settembre 2004 e QUINTILIANI + 1 c. Italia, ricorso n. 9167/05, presentato in data 25 febbraio 2005.

In tutti e tre i casi, la CEDU ha chiesto alle parti se l’esproprio dei terreni sia compatibile con l’articolo 1 Protocollo n. 1. Per i primi due casi, la CEDU ha chiesto anche se l’adozione della legge n. 359 del 1992 e l’applicazione di questa costituisca un’ingerenza legislativa incompetibile con l’articolo 1 del Protocollo n. 1 e 6 § 1 della Convenzione. Per il terzo caso invece la CEDu ha chiesto se l’adozione della legge n. 662 del 1996 e l’applicazione di questa costituisca un’ingerenza legislativa incompetibile con l’articolo 1 del Protocollo n. 1 e 6 § 1 della Convenzione.

Esproprio formale: la CEDU condanna l’Italia nel caso PIEROTTI c. Italia per violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1

Strasburgo, 31 gennaio 2009 –  Con sentenza del 20 gennaio 2009, la seconda sezione della CEDU si è pronunciata in un caso di esproprio, PIEROTTI c. Italia (ricorso n. 15581/05), accertando la violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1. Lo Stato italiano è stato condannato al pagamento della somma di 340.000 € per danni materiali.

La vicenda si può così riassumere.

I ricorrenti erano proprietari di un terreno edificabile che nel gennaio 1980 venne occupato d’urgenza dal Comune di Lucca. Tra il 1981 e il 1985 il Comune concluse due accordi per la cessione volontaria del terreno oggetto di esproprio. Vennero quindi pagati due acconti per indennità di esproprio e per indennità di occupazione.

I ricorrenti nel 1992 e nel 2000 promossero due cause, una davanti al Tribunale di Lucca e l’altra davanti alla Corte d’Appello di Firenze per otenere il versamento delle indennità definitive di esproprio e di occupazione. Durante le procedure venne depositata una perizia d’ufficio dove venne quantificato il valore venale del terreno al momento dell’esproprio. In tale perizia venne anche quantificata l’indennità di esproprio ai sensi dell’articolo 5 bis della legge n. 359/1992. Con sentenza del 14 febbraio 2004, la Corte d’Appello di Firenze condannò il Comune di Lucca a corrispondere per le indennità di esproprio e di occupazione la somma totale di lire 148.067.970 (pari a 76.470 euro).

In merito alla vicenda, la CEDU, ha ricordato la sua giurisprudenza in tema di espropriazione legittima, avente cioè fini di pubblica utilità (si veda Scordino c. Italia (n° 1) [GC], n° 36813/97 § 96; Mason e altri c. Italia (equa soddisfazione) n° 43663/98 § 37 24 luglio 2007). Nel caso di specie, la CEDU ha accertato che l’esproprio subito dai ricorrenti non rivestiva i requisiti eccezionali che avrebbero potuto permettere di giustificare il riconoscimento di un’indennità inferiore a quella del valore di mercato del bene oggetto di causa. Constatando cosi l’inadeguatezza dell’indennità riconosciuta ai ricorrenti, la CEDU ha accertato la violazione lamentata. L’Italia è stata condannata a corrispondere una somma pari alla differenza tra il valore di mercato del terreno al momento dell’esproprio e l’indennizzo ottenuto a livello nazionale.