La C.E.D.U. condanna l’Italia per il ritardo nell’esecuzione delle pronunce emesse a seguito della procedura “Pinto”

Strasburgo, 12 novembre 2012 – Con sentenza dell’8 novembre 2012, la C.E.DU. ha deciso su diciotto ricorsi, tutti riuniti nel caso Ambrosini e altri c. Italia (ricorsi n. 8456/09, 8457/09, 8458/09, 8459/09, 8460/09, 8461/09, 8462/09, 8463/09, 8464/09, 8465/09, 8466/09, 8467/09, 8468/09, 8469/09, 8471/09, 8472/09, 8473/09 et 8475/09).

I ricorrenti, assistiti tutti dal medesimo difensore, promossero una procedura “c.d. Pinto”, lamentando l’eccessiva durata di procedure giurisdizionali nazionali in cui erano stati parti. A seguito delle pronunce emesse, ottennero tutti un risarcimento per danni morali. Per ottenere il pagamento delle somme riconosciute, tutti i ricorrenti dovettero promuovere delle procedure esecutive che permisero di ottenere l’adempimento delle decisioni “Pinto”  a oltre sei mesi dall’inizio della procedura.

I ricorrenti hanno lamentato pertanto la violazione degli articoli 6 §1 (diritto ad un equo processo in un termine ragionevole), 17 (divieto dell’abuso di diritto) e 1 del Protocollo n. 1 (tutela della proprietà).

La C.E.D.U. ha accertato la violazione degli articoli 6 § 1 della Convenzione e 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione, liquidando in equità ad ogni ricorrente un danno morale pari a 100 euro per ciascun e riconoscendo, per spese e competenze legali, la somma globale di 1.000 euro.

La CEDU sollecita l’Italia a predisporre nuove misure di carattere generale per rimediare alle disfunzioni del ricorso “Pinto”

Strasburgo, 22 dicembre 2010 – Con sentenza del 21 dicembre 2010, nel caso Gaglione a altri c. Italia (ricorso n. 45867/07) la CEDU ha accertato la violazione degli articoli 6 §1 (equità del processo – esecuzione di decisioni giudiziarie entro un termine ragionevole) e 1 del Protocollo n. 1 (protezione della proprietà).

Il caso si occupa del ritardo da parte delle autorità italiane nella corresponsione dei risarcimenti riconosciuti a seguito delle procedure “Pinto” a livello nazionale. I ritardi accertati dalla CEDU sono di 19 mesi per il 65% dei 475 ricorsi. La CEDU ha ritenuto che esiste un problema su vasta scala legato all’esecuzione delle decisioni “Pinto”. Non a caso, al 7 dicembre 2010, oltre 3.900 ricorsi presentati alla CEDU riguardano il ritardo nel pagamento dei risarcimenti “Pinto”.

Secondo la CEDU i ricorrenti hanno subito un pregiudizio importante e per questo motivo ha respinto per la prima volta la richiesta di applicazione del nuovo criterio di ammissibilità previsto dal Protocollo n. 14 e riguardante l’assenza di un pregiudizio importante  richiesto dal Governo italiano (art. 35 § 3 b).

Interessanti le considerazioni della CEDU sotto il profilo dell’articolo 46 della Convenzione. I giudici di Strasburgo hanno affermato che le autorità italiane non riescono a garantire il pagamento effettivo entro un termine ragionevole dei risarcimenti riconosciuti. Secondo la CEDU questa deficienza non può essere vista solamente come un fattore aggravante quanto alla responsabilità dell’Italia riguardo alla Convenzione, ma deve essere interpretato come un segnale che minaccia il dispositivo stesso posto in essere dalla Convenzione. La CEDU ha inoltre ritenuto opportuno di segnalare che l’Italia deve dotarsi di misure idonee per dare esecuzione alle decisioni “Pinto”, dotandosi di fondi adeguati e auspicando che la riforma legislativa attualmente all’esame del Parlamento possa occuparsi di questo aspetto.

Riguardo all’articolo 41 della Convenzione, la CEDU ha ritenuto di riconoscere per ciascun ricorrente la somma di 200 euro per risarcimento dei danni morali, arrivando ad una somma totale di 95.000 euro, e la somma globale di 10.000 euro per spese e competenze legali.

I giudici Cabral-Barreto e Popovic  hanno espresso un’opinione parzialmente difforme.

L’eccessivo ritardo nell’esecuzione delle sentenze “Pinto”: domani sarà pubblicata la sentenza per il caso Gaglione e 474 altri c. Italia

Strasburgo, 20 dicembre 2010 – Domani mattina la CEDU pubblicherà la sentenza Gaglione e 474 altri c. l’Italia. Nei 475 ricorsi riuniti, gli interessati si lamentano del ritardo delle autorità a dare esecuzione a delle sentenze. In particolare i ricorrenti avevano adito le Corti d’Appello competenti per lamentare l’eccessiva durata delle procedure civili promosse ai sensi della c.d. legge “Pinto”. Le Corti d’Appello avevano accertato l’eccessiva durata e avevano riconosciuto delle somme in riparazione per il danno subito, ma il ritardo nel pagamento si era protratto dai 9 fino ai 49 mesi.