Nel caso Centre on Housing Rights and Evictions (COHRE) c. Italia il Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa accerta che l’Italia discrimina i Rom e i Sinti
Strasburgo, 1° novembre 2010 – Il 20 maggio 2009 l’associazione COHRE ha presentato al Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa un reclamo (n. 58/2009) chiedendo che venisse accertato che l’Italia, attraverso l’adozione del c.d. “Pacchetto sicurezza” del novembre 2006, e dei vari decreti c.d. “Emergenza nomadi” emessi a partire dal maggio 2008, nonché delle ordinanze e delle linee guida per la loro applicazione, sono iniziative retrograde e deliberate, da considerarsi fortemente discriminatorie. In particolare il COHRE ha fatto presente che la segregazione in materia di alloggio, sia di fatto che di diritto, dei Rom e dei Sinti, oltre che agli ostacoli incontrati dagli stessi nell’acquisire o mantenere uno status giuridico hanno aggravato le loro condizioni di vita quando invece la Carta sociale europea riveduta esige un approccio coordinato per lottare contro la povertà e l’esclusione. L’associazione reclamante ha fatto presente che la politica della segregazione delle famiglie Rom e Sinti nei “ghetti” loro destinati e le procedure di identificazione messe in atto, hanno negato e continuano a negare l’accesso ad un alloggio adeguato per garantire la protezione della vita familiare. È stato inoltre evidenziato che equiparare i “nomadi” ad una minaccia alla sicurezza nazionale ha alimentato una propaganda razzista e xenofoba contro l’emigrazione e l’immigrazione dei Rom e dei Sinti. Ciò si è tradotto in una mancanza di protezione e di assistenza in favore dei Rom e dei Sinti e in particolare ha privato queste comunità dell’accesso all’alloggio e, in caso di espulsione forzata, addirittura del territorio.
Il Governo italiano ha chiesto al Comitato europeo dei diritti sociali di accertare che la situazione in cui vivono i Rom e i Sinti in Italia non costituisce una violazione della Carta sociale.
Il 21 giugno si è tenuta un’udienza pubblica e il 25 giugno il Comitato ha adottato una decisione nel merito con cui ha accertato all’unanimità la violazione da parte dell’Italia dell’articolo E (obbligo di non discriminazione) combinato con gli articoli 16 (diritto della famiglia ad una protezione sociale, giuridica ed economica), 19 §§ 1, 4c e 8 (diritto dei lavoratori migranti e delle loro famiglie alla protezione e all’assistenza), 30 (diritto alla protezione contro la povertà e l’esclusione sociale) e 31 (diritto all’alloggio) della Carta sociale europea riveduta.
Nel corso della 1096° riunione, tenutasi il 21 ottobre 2010, il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato la Risoluzione CM/Res/ChS(2010)8 riguardante il presente caso e prendendo nota che le autorità italiane si sono impegnate ad “assicurare l’applicazione effettiva dei diritti garantiti dalla Carta sociale europea riveduta a tutti gli individui ivi comprese le persone appartenenti alle comunità Rom”.
Questa decisione può essere un momento di riflessione per il Governo italiano, il quale si è formalmente impegnato ad assicurare un’applicazione effettiva dei diritti garantiti dalla Carta sociale europea riveduta, quest’ultima ratificata dall’Italia il 5 luglio 1999, attraverso la legge n. 30/1999. Il Governo ha assunto l’impegno di cambiare strada. Tuttavia, anche alla luce dei recenti interventi dell’attuale Ministro dell’Interno temo che l’impegno assunto sia solo formale e che la politica stigmatizzata nel caso in esame non cambierà, con il forte rischio di altre persecuzioni nei confronti delle comunità Rom e Sinti che in Italia si compongono di appena 140.000 unità.
Ecco allora che questa decisione può essere un valido strumento giuridico per rafforzare la tutela dei diritti dei Rom e dei Sinti a livello nazionale, non solo in Italia, ma anche in tutta Europa.
Questa interessante pronuncia è anche ricca di informazioni utili non solo sulla giurisprudenza del Comitato europeo dei diritti sociali, ma anche sulla giurisprudenza della CEDU e della Corte di Giustizia dell’Unione europea. L’interpretazione giurisprudenziale della CEDU e della Corte di Giustizia, in forma diversa, hanno valore vincolante e possono essere fatte valere a livello nazionale davanti a tutti i giudici che sono chiamati ad applicare il “Pacchetto sicurezza” e i vari decreti “Emergenza nomadi”, nonché le varie ordinanze sindacali di attuazione.
In particolare la decisione del Comitato europeo dei diritti sociali ha fatto riferimento alla seguente giurisprudenza CEDU: Malone c. Regno Unito, sentenza del 2 agosto 1984 ; Jersild c. Danimarca, sentenza del 23 settembre 1994; Rotaru c. Romania, sentenza di Grande Camera del 4 maggio 2000; Amann c. Svizzera, sentenza di Grande Camera del 16 febbraio 2000; Chapman c. Regno Unito, sentenza di Grande Camera del 18 gennaio 2001; P.G. e J.H. c. Regno Unito, sentenza del 25 settembre 2001; Conka c. Belgio, sentenza del 5 febbraio 2002; Connors c. Regno Unito, sentenza del 27 maggio 2004; Timichev c. Russia, sentenza del 13 dicembre 2005; Evans c. Regno Unito, sentenza di Grande Camera del 10 aprile 2007; Muñoz Díaz c. Spagna, sentenza dell’8 dicembre 2009; Orsus c. Croazia, sentenza del 16 marzo 2010.
Per quanto riguarda la giurisprudenza del Comitato europeo dei diritti sociale, sono stati presi in considerazione i casi Autisme-Europe c. Francia, reclamo n. 13/2002, decisione nel merito del 4 novembre 2003; Fédération Internationale des Ligues des Droits de l’Homme c. Francia, reclamo n. 14/2003, decisione nel merito del 8 settembre 2004 ; CEDR c. Grecia, reclamo n. 15/2003, decisione nel merito dell’8 dicembre 2004 ; CEDR c. Italia, reclamo n. 27/2004, decisione nel merito del 7 dicembre 2005 ; Fondation Marangopoulos pour les Droits de l’Homme c. Grecia, reclamo n. 30/2005, decisione nel merito del 6 dicembre 2006; CEDR c. Bulgaria, reclamo n. 31/2005, decisione nel merito del 18 ottobre 2006 ; Mouvement international ATD Quart Monde c. France, reclamo n. 33/2006, decisione nel merito del 5 dicembre 2007 ; Centre de Défense des Droits des Personnes Handicapées Mentales (MDAC) c. Bulgaria, reclamo n. 41/2007, decisione nel merito del 3 giugno 2008 ; Défense des Enfants International (DEI) c. Paesi Bassi, reclamo n. 47/2008, decisione nel merito del 20 ottobre 2009 ; Confédération Française Démocratique du Travail (CFDT) c. Francia, reclamo n. 50/2008, decisione nel merito del 9 settembre 2009 ; CEDR c. Francia, reclamo n. 51/2008, decisione nel merito del 19 ottobre 2009.
Per quanto riguarda la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il Comitato europeo dei diritti sociali ha citato il caso C-524/06, Huber c. Repubblica Federale di Germania [GC], sentenza del 16 dicembre 2008.
Il Comitato europeo dei diritti sociali ha preso inoltre in considerazione altre fonti normative internazionali e comunitarie. La decisione ha fatto riferimento all’articolo 2 della Convenzione internazionale delle Nazioni Unite per l’eliminazione dei tutte le forme di discriminazione razziale; all’articolo 11 del Patto internazionale delle Nazioni Unite relativo ai diritti economici, sociali e culturali; all’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e all’articolo 4 del Protocollo n. 4; alla Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, all’articolo 4 del Progetto degli articoli sulla responsabilità dello Stato per fatto internazionalmente illecito adottato dalla Commissione del diritto internazionale.