La legge elettorale n. 270/2005, comunemente conosciuta come “Porcellum”, all’esame della CEDU: nel dicembre 2009 comunicati al Governo italiano diciassette ricorsi con cui si contesta la violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 della Convenzione
Strasburgo, 8 settembre 2010 – In questi ultimi tempi in Italia si parla molto della validità della legge elettorale n. 270/2005, definita dal suo principale ideatore, il ministro Roberto Calderoni, “una porcata”. Proprio per questa affermazione la legge è stata denominata “Porcellum” dal politologo Giovanni Sartori.
Ricordo che questa legge ha introdotto in Italia un sistema radicalmente differente da quello precedente, introducendo un sistema proporzionale corretto, a coalizione, con premio di maggioranza ed elezione di più parlamentari contemporaneamente in collegi estesi, senza possibilità di indicare preferenze.
Tale legge è stata applicata in due occasioni e precisamente alle elezioni del 2006 e del 2008.
Ora è bene sapere che a seguito della seconda consultazione elettorale, alcuni cittadini italiani hanno pensato bene di presentare ricorso alla CEDU, lamentando la violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 che sancisce il diritto a libere elezioni. Tale articolo statuisce che “Le Alte Parti contraenti si impegnano a organizzare, a intervalli ragionevoli, libere elezioni a scrutinio segreto, in condizioni tali da assicurare la libera espressione dell’opinione del popolo sulla scelta del corpo legislativo”. Alcuni dei ricorrenti hanno lamentato anche la violazione degli articoli 6 § 1 (diritto ad un processo equo) e 13 (diritto ad un ricorso effettivo) della Convenzione non esistendo a livello nazionale un ricorso effettivo per rimediare alla violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 3.
Riguardo ai fatti, nella comunicazione del 16 dicembre 2009 si legge che i ricorrenti hanno focalizzato la loro attenzione sulla legge n. 270/2005, che non permette l’elezione diretta dei rappresentanti da parte dei suoi elettori, spiegando che i partiti politici presentano delle liste di candidati “bloccate”, ossia che l’ordine dei candidati eletti su una lista è fissato dal partito stesso e gli elettori non possono esprimere la loro preferenza per un candidato in particolare. Sempre i ricorrenti hanno esposto che il partito o la coalizione che ha ottenuto per la Camera dei Deputati il più gran numero di voti espressi a livello nazionale ha diritto ad un premio che permette di ottenere 340 dei 630 seggi, che corrisponde al 54% dei seggi. Al Senato il premio è invece attribuito a livello regionale: la coalizione che arriva in testa in una Regione ottiene il 55% dei seggi della regione. I ricorrenti fanno inoltre presente che sono previste delle soglie di sbarramento per ottenere dei seggi, ovvero tre soglie per la Camera dei Deputati (10% – 4% – 2%) e tre soglie per il Senato della Repubblica (20% -8%-3%), che si applicano rispettivamente alle coalizioni dei partiti, ai partiti che non fanno parte di una coalizione e ai partiti che fanno parte di una coalizione. I ricorrenti fanno infine presente che non è prevista alcuna soglia minima di consenso né alla Camera né al Senato per l’ottenimento dei premi di maggioranza.
I ricorrenti hanno poi ricordato la crisi di governo del 6 febbraio 2008 e la conseguente indizione delle nuove elezioni, fissate per il 13 e 14 aprile 2008, il fatto che le tre consultazioni referendarie volte all’abrogazione parziale della legge n. 270/2005 fossero state ammesse dalla Corte costituzionale e che il successivo referendum, svoltosi il 21 giugno 2009 non avesse raggiunto il quorum elettorale richiesto.
Alcuni dei ricorrenti hanno inoltre impugnato davanti al T.A.R. del Lazio il provvedimento di convocazione del corpo elettorale del febbraio 2008, sollevando questione di legittimità costituzionale sulla compatibilità della nuova legge elettorale con diversi articoli della Costituzione. Sia il T.A.R. che il Consiglio di Stato successivamente hanno dichiarato il ricorso irricevibile.
La CEDU, comunicando i ricorsi, ha richiesto al Governo italiano di rispondere alle seguenti domande:
1. se la disciplina elettorale delle liste bloccate, cosi come introdotta dalla legge n. 270/2005 abbia violato il diritto dei ricorrenti a partecipare, in occasione dello scrutinio legislativo del 13 e 14 aprile 2008, ad elezioni che assicurino la libera espressione dell’opinione popolare sulla scelta del corpo legislativo, ai sensi dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 della Convenzione, tenuto anche conto di ciò che queste liste possono comportare tanto per i candidati che per il numero totale dei seggi da attribuire nella circoscrizione;
2. se i ricorrenti abbiano avuto a loro disposizione, come lo richiede l’articolo 13 della Convenzione, un ricorso interno effettivo attraverso il quale avrebbero potuto promuovere le loro eccezioni di violazione dell’articolo 3 del Protocollo n. 1 della Convenzione;
3. se la disciplina elettorale del premio di maggioranza, cosi come introdotto dalla legge n. 270/2005, costituisca una violazione del diritto dei ricorrenti di partecipare ad elezioni che assicurino la libera espressione d’opinione popolare sulla scelta del corpo legislativo, ai sensi dell’articolo 3 del Protocollo n. 1, tenuto anche conto del fatto che nessuna soglia minima di consenso è prevista per l’ottenimento di tali premi.
A mio avviso i diciassette ricorsi comunicati al Governo italiano permetteranno alla CEDU di esaminare attentamente il sistema introdotto dalla legge n. 270/2005, valutando sia la sua compatibilità con quando statuito dall’art. 3 del Protocollo n. 1, ma permettendole anche di esaminare se la mancanza, a livello nazionale, di un ricorso effettivo per proteggere a livello interno il diritto a libere elezioni possa violare l’articolo 13 della Convenzione.
Ritengo che la futura pronuncia della CEDU potrà essere di ulteriore stimolo alla modifica dell’attuale sistema elettorale italiano, censurato da più parti e incapace, in ultima analisi, di garantire che il corpo legislativo rappresenti la volontà degli elettori.