La Carta sociale europea, un trattato del Consiglio d’Europa che protegge i diritti dell’uomo

Strasburgo, 26 ottobre 2012 – La Carta sociale europea  è una convenzione del Consiglio d’Europa. Essa riconosce dei diritti e delle libertà e stabilisce un sistema di controllo che garantisce il loro rispetto da parte degli stati che l’hanno ratificata. In seguito alla sua revisione, la Carta Sociale Europea Riveduta del 1996, entrata in vigore nel 1999, sta progressivamente sostituendo il trattato precedente del 1961.

I diritti garantiti dalla Carta riguardano tutti gli individui nella loro vita quotidiana:

Diritto all’abitazione:

– accesso ad un alloggio adeguato e a un prezzo ragionevole per tutti;

– riduzione del numero delle persone « senza tetto »; una politica degli alloggi mirante a soddisfare i fabbisogni di tutte le categorie svantaggiate;

– disposizioni per limitare gli sfratti;

– pari possibilità di accesso per gli stranieri agli alloggi sociali e ai sussidi per l’alloggio;

– edilizia residenziale e sussidi per l’alloggio corrispondenti alle necessità delle famiglie.

Diritto alla protezione della salute:

– una struttura sanitaria accessibile ed efficace per l’insieme della popolazione ;

– una politica di prevenzione delle malattie con una particolare attenzione alla garanzia di un ambiente sano;

– eliminazione dei rischi sul lavoro per assicurare in diritto e in pratica la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro;

– diritto delle lavoratrici madri ad una tutela.

Diritto all’istruzione:

– insegnamento primario e secondario gratuito;

– servizio gratuito ed efficace di orientamento professionale;

– accesso alla formazione iniziale (insegnamento generale e tecnico secondario), insegnamento tecnico superiore e universitario, formazione professionale, compresa la formazione continua;

– misure specifiche per gli stranieri residenti;

– integrazione dei bambini disabili nel sistema di insegnamento generale;

– accesso dei disabili all’insegnamento e all’orientamento professionale.

Diritto al lavoro:

– divieto del lavoro forzato;

– divieto del lavoro per i giovani di età inferiore ai 15 anni;

– condizioni lavorative speciali per i giovani tra i 15 e i 18 anni;

– diritto a un lavoro liberamente scelto;

– una politica sociale ed economica mirante alla realizzazione del pieno impiego;

– eque condizioni di lavoro per quanto riguarda la retribuzione e la durata del lavoro;

– tutela contro le molestie sessuali e morali;

– libertà di costituire dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro per la protezione dei loro interessi economici e sociali; libertà individuale di aderirvi o meno;

– promozione delle consultazioni paritetiche, della negoziazione collettiva, della conciliazione e dell’arbitrato;

– tutela in caso di licenziamento;

– diritto di sciopero ;

– accesso dei disabili al mondo del lavoro.

Diritto alla tutela giuridica e sociale:

– tutela dello stato giuridico del bambino;

– rieducazione dei giovani delinquenti;

– protezione contro i maltrattamenti e le violenze;

– divieto di qualunque forma di sfruttamento (sessuale o altro);

– tutela giuridica della famiglia (uguaglianza dei coniugi all’interno della coppia e nei confronti dei figli, tutela dei bambini in caso di separazione dei genitori);

– diritto alla protezione sociale, all’assistenza sociale e ad usufruire di servizi sociali;

– diritto alla protezione contro la povertà e l’esclusione sociale;

– strutture per accudire i bambini;

– misure specifiche di tutela per gli anziani.

Diritto alla libera circolazione delle persone:

– diritto al ricongiungimento familiare ;

– diritto dei cittadini di lasciare il proprio paese;

– garanzie procedurali in caso di espulsione;

– semplificazione delle formalità d’immigrazione.

Diritto alla non discriminazione:

– diritto delle donne e degli uomini ad un pari trattamento e pari opportunità di lavoro;

– garanzia di godere di tutti i diritti garantiti dalla Carta per i cittadini e gli stranieri che risiedono e/o lavorano legalmente nel paese interessato, senza distinzione basata sulla razza, il sesso, l’età, il colore, la lingua, la religione, le opinioni, l’origine nazionale o sociale, lo stato di salute o l’appartenenza ad una minoranza nazionale;

– divieto di discriminazione basata su responsabilità familiari;

– diritto dei disabili all’integrazione sociale e alla partecipazione alla vita della comunità.

Il Comitato europeo dei Diritti sociali controlla il rispetto da parte degli stati delle obbligazioni previste dalla Carta. I suoi quindici membri, indipendenti e imparziali, sono eletti dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa per un mandato di sei anni, rinnovabile una volta. Il Comitato decide se la situazione nazionale degli stati contraenti è conforme alla Carta (articolo 24 della Carta come modificato dal Protocollo di Torino del 1991).

Gli Stati contraenti presentano ogni anno  un rapporto nel quale indicano come la Carta viene applicata in diritto e nella prassi. Ogni rapporto riguarda una parte degli articoli della Carta ratificati  da ciascun stato. Il Comitato esamina i rapporti e decide se le situazioni nazionali sono conformi alla Carta. Le sue decisioni sono chiamate «conclusioni» e sono pubblicate ogni anno. Se, nel caso di una decisione di non conformità del Comitato, uno stato non prende le misure necessarie per conformarsi con la Carta, il Comitato dei Ministri raccomanda  a questo stato di modificare la situazione nel suo diritto interno o nella prassi. Il lavoro del Comitato dei Ministri è preparato dal Comitato governativo composto dai rappresentanti dei governi degli stati contraenti della Carta, assistiti da osservatori rappresentanti le parti sociali europee .

Un Protocollo, aperto alla firma nel 1995 ed entrato in vigore nel 1998, permette di presentare al Comitato europeo dei Diritti sociali dei reclami  adducenti delle violazioni della Carta. Possono presentare i reclami solo le organizzazioni riconosciute, ovvero la CES, BUSINESSEUROPE e l’OIE1; le organizzazioni non governative (ONG) dotate di uno statuto partecipativo  al Consiglio d’Europa ed iscritte nella lista  stabilita a tal fine dal Comitato ; le organizzazioni di datori di lavoro e i sindacati della Parte contraente chiamata in causa dal reclamo ; e infine, per gli stati che hanno accettato le ONG nazionali.

La situazione dell’Italia rispetto all’applicazione della Carta Sociale Riveduta è sintetizzata in una scheda (qui in versione francese e inglese).

I Reclami collettivi presentati al Comitato sono finora 87. Qui troverete la lista completa (in inglese e francese) e la loro situazione a livello procedurale.

L’ultimo reclamo è stato presentato nei confronti dell’Italia (n. 87/2012) e riguarda la formulazione dell’articolo 9 della legge n. 194 del 1978 che regola l’obiezione di coscienza dei medici che praticano l’aborto volontario. Con questo reclamo si sostiene che tale disposizione normativa viola l’articolo 11 della Carta sociale europea che tutela il diritto alla salute, ciò a causa di una protezione insufficiente del diritto di accesso alle procedure di interruzione volontaria della gravidanza. Il Governo italiano ha risposto con proprie osservazioni sulla ricevibilità e il caso è attualmente pendente.

Nel caso Torri e Bucciarelli e altri c. Italia la Corte europea dei diritti dell’Uomo si pronuncia sulla perdita di benefici contributivi da parte dei lavoratori della AGENSUD

Strasburgo, 18 aprile 2012 – Con decisione del 24 gennaio 2012, la C.E.D.U. ha deciso nel caso Torri e Bucciarelli e altri c. Italia dichiarando l’irricevibilità delle violazioni dei diritti garantiti dall’articolo 1 del Protocollo n. 1 e degli articoli 6 e 14 della Convenzione, quest’ultimo combinato con l’articolo 1 del Protocollo n. 1, lamentate dai ricorrenti.

Questi ultimi, dipendenti della AGENSUD, alla data del 12 ottobre 1993 avevano maturato un certo periodo di servizio e provveduto a versare all’INPS contributi, maturando così, per la normativa allora vigente, la pensione di anzianità una volta raggiunta l’età pensionabile.

Con legge n. 488/1992 la AGENSUD fu soppressa e il rapporto di lavoro dei ricorrenti non fu trasferito allo Stato, come inizialmente previsto. Conseguentemente i ricorrenti videro cessare il loro rapporto di lavoro e acquisirono il diritto al TFR. A quel punto i ricorrenti ebbero la possibilità di transitare nei ruoli di altre amministrazioni pubbliche, cosa che fecero. I ricorrenti accettarono quindi una retribuzione inferiore con tutte le implicazioni inerenti al regime pensionistico e alla copertura previdenziale.

I ricorrenti optarono quindi che i loro contributi precedentemente versati dall’AGENDSUD all’INPS fossero ricongiunti con quelli che sarebbero stati versati successivamente dal nuovo datore di lavoro all’INPDAP.

Nel corso di tale operazione tuttavia, una parte dei contributi versati all’INDPAP non sarebbe stata utilizzata per il computo della pensione dei ricorrenti. Conseguentemente questi ultimi non avrebbero beneficiato della totalità dei contributi. Le loro pensioni sarebbero state inferiori e buona parte dei contributi nel frattempo versati sarebbero andati persi.

Nel frattempo il legislatore previde una deroga per tutti i dipendenti pubblici che avevano lasciato il lavoro dopo il 13 ottobre 1993 e fino all’entrata in vigore dell’articolo 14bis della legge 96/1993 con la possibilità di ottenere la restituzione dei contributi versati che non fossero stati computati al fine del ricongiungimento dei periodi di previdenza sociale.

I ricorrenti tuttavia non rientrarono in tale categoria.

I ricorrenti promossero una serie di cause per ottenere la restituzione dei contributi versati all’INPS e non utilizzabili ai fini pensionistici. I giudici interni tuttavia respinsero le richieste dei ricorrenti, anche in seguito ad un mutamento giurisprudenziale.

Il caso è interessante perché la C.E.D.U. ha offerto un quadro giusprudenziale articolato relativamente alla questione se una pensione può costituire un “bene” ai sensi del trattato convenzionale.

La C.E.D.U. è passata poi ad esaminare il caso di specie, valutando la legittimità e la proporzionalità dell’ingerenza e non riconoscendo alcuna violazione. Conseguentemente ha dichiarato l’irricevibilità del ricorso sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n. 1.

Quanto all’articolo 6 della Convenzione, la C.E.D.U. ha ritenuto che i ricorrenti avessero erroneamente interpretato il mutamento di orientamento giurisprudenziale dei giudici nazionali.

Infine, riguardo all’articolo 14 della Convenzione, invocato in combinazione con l’articolo 1 del Protocollo n. 1, la C.E.D.U. ha ritenuto di non dover determinare se tale norma potesse essere applicata al caso di specie, dato che la violazione sotto il profilo dell’articolo 1 del Protocollo n.1 è stata dichiarata irricevibile.

Qui di seguito troverete il link verso la decisione Torri e Bucciarelli e altri c. Italia del 24 gennaio 2012 in versione originale inglese e in italiano. La traduzione in italiano è a cura del Ministero della Giustizia, Direzione generale del contenzioso e dei diritti umani, eseguita da Daniela Riga, funzionario linguistico.

Benvenuti sul sito di Antonella Mascia

Cara lettrice, caro lettore

con queste poche parole Vi do il benvenuto sul mio sito.

Innanzitutto mi presento. Sono  avvocato e come potrete leggere nella pagina dedicata al mio profilo, ho potuto acquisire un’esperienza approfondita in tema di diritti umani.

Ho ideato questo sito nell’agosto 2008, pensando che in Italia, ma non solo, i diritti fondamentali fossero poco conosciuti e soprattutto che poco conosciute fossero le istituzioni internazionali che si occupano di questa importante materia. Allora avevo pensato che fosse importante contribuire a migliorarne la conoscenza, fornendo informazioni e notizie utili.

Ho cominciato pubblicando tutto quello che mi pareva importante.

Via via i miei articoli hanno evidenziato temi sensibili come i respingimenti in mare, il rinvio di stranieri a rischio tortura nel loro Paese d’origine, la questione “rom”, il sovraffollamento carcerario. Ma altre questioni risultano irrisolte, come l’eccessiva durata delle procedure giudiziarie e la situazione di acclarata illegittimità degli espropri eseguiti dallo Stato italiano in questi anni. Nel corso delle mie segnalazioni ho evidenziato anche l’importanza della tutela della salute legata a questioni ambientali. Ho dato inoltre spazio alla libertà di espressione e in particolare alla libertà di stampa, essendo questa una garanzia per il pluralismo e per la tenuta di un sistema democratico.

Qualcuno di voi mi ha scritto, manifestando apprezzamento. Qualcun altro mi ha chiesto consigli e materiale, che ho fornito di buon grado.

Ora vorrei, oltre a continuare a fornire qualche elemento che sia di stimolo ad un migliore approfondimento, creare anche una sinergia con tutti coloro che siano interessati ai diritti umani. Mi riferisco in particolare agli avvocati e alle associazioni che,  trovandosi a confrontarsi con vicende che toccano i diritti fondamentali, nonostante i loro sforzi, non riescano ad ottenere risultati soddisfacenti a livello nazionale.

Auguro a tutti buona lettura

avvocato Antonella Mascia