Molestie nei confronti di un disabile, nel caso Dordevic c. Croazia, la C.E.D.U. dichiara la violazione degli articoli 3 e 8 della Convenzione

Strasburgo, 9 dicembre 2012 – Con sentenza del 24 luglio 2012, la C.E.D.U. ha statuito nel caso Dordevic c. Croazia, accertando che le molestie violente e persistenti nei confronti di un disabile da parte dei vicini minorenni fosse in violazione degli obblighi positivi imposti dagli articoli 3 e 8 della Convenzione.

Il ricorso è stato presentato da una persona con disabilità fisica e mentale e da sua madre. Entrambi i ricorrenti, che vivono in un appartamento al piano terra a Zagabria, avevano lamentano di essere stati molestati continuamente dal luglio 2008 al febbraio 2011 da dei bambini delle vicine scuole elementari e di non aver ricevuto adeguata protezione da parte delle autorità locali. I ricorrenti avevano denunciato una serie di incidenti : atti di vandalismo, suono del campanello ad ogni ora, scritte oscene ed offensive davanti alla casa, molestie gravi al primo ricorrente, con anche lo spegnimento delle sigarette accese sulle mani. Gli attacchi violenti e continui avevano provocato dei disturbi e stati di ansia e stress nel primo ricorrente. I ricorrenti avevano presentato molte denunce alle autorità competenti, chiedendo l’intervento delle forze di polizia a più riprese. Tuttavia, dopo ogni chiamata, la polizia era arrivata o in ritardo o si era limitata a disperdere i giovani persecutori. Alcuni dei giovani molestatori erano stati sentiti dalle autorità.  Tuttavia queste ultime non avevano adottato alcun provvedimento, avendo concluso che anche se i giovani teppisti avevano ammesso di essere stati gli autori delle violenze e delle molestie, essi non potevano comunque essere perseguiti perché troppo giovani.

La C.E.D.U. ha ritenuto che il maltrattamento subito dal primo ricorrente ha raggiunto un grado sufficiente di gravità per permettere la protezione offerta dall’articolo 3 della Convenzione. Pur considerando che la maggior parte delle molestie subite sia stata perpetrata da minori sotto i quattordici anni, incapaci di intendere e volere secondo la legge, dall’altra parte la C.E.D.U. ha ritenuto che gli incidenti avvenuti fossero incompatibili con l’articolo 3. Lo Stato convenuto aveva infatti l’obbligo positivo di impedire gli atti di molestia nei confronti del primo ricorrente, disabile, garantendogli un’adeguata protezione. Peraltro, la C.E.D.U. ha ritenuto che le autorità locali non abbiano preso nella dovuta considerazione la gravità della situazione. Le autorità non hanno adottato serie misure in concreto al fine di prevenire nuove molestie e i servizi sociali non sono stati chiamati ad intervenire. Nessuna autorità è stata chiamata ad intervenire e a lavorare con i minori molestatori. Infine il primo ricorrente non ha ricevuto alcun sostegno psicologico.

Per tutti questi motivi la C.E.D.U. ha ritenuto che lo Stato convenuto è venuto meno al proprio obbligo positivo di adottare tutte le misure ragionevoli per impedire il perpetrarsi degli abusi subiti dal primo ricorrente. Conseguentemente la C.E.D.U. ha dichiarato all’unanimità che vi è stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione.

La C.E.D.U. ha poi accertato che le molestie subite dal primo ricorrente abbiano inciso negativamente sulla vita della madre, la seconda ricorrente, tanto da violare il suo diritto al rispetto della vita privata e familiare, garantita dall’articolo 8 della Convenzione.

La C.E.D.U. ha quindi riconosciuto a entrambi ricorrenti, ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione, un risarcimento per danni morali pari a complessivi 11.500 euro.

Questa sentenza fissa principi importanti in un caso di molestie contro una persona disabile. Tali principi sono applicabili a tutti gli Stati firmatari della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e pertanto anche all’Italia.

Riguardo all’Italia ricordo che recentemente è stata varata la legge n. 67 del 2006, con cui il legislatore ha messo a disposizione della persona disabile uno strumento per ottenere la parità di trattamento ed eliminare le discriminazioni in ogni ambito della vita.

In proposito, faccio notare che anche in Croazia, come in Italia, esiste una normativa ampia che permette di garantire le persone disabili. Tuttavia nel caso di specie tali strumenti non hanno permesso una tutela in concreto e, soprattutto, allo Stato convenuto è stato rimproverato il fatto di non aver posto in essere una politica di prevenzione per evitare forme gravi di discriminazione e molestie nei confronti delle persone disabili. Per tale ragione la C.E.D.U. ha dichiarato la violazione degli articoli 3 e 8 della Convenzione.