L’eccessivo ricorso alla detenzione preventiva è contro i diritti umani
Strasburgo, 26 agosto 2011 – Il 25% delle persone incarcerate oggi in Europa è in stato di custodia cautelare o “detenzione preventiva”. Queste persone non sono state giudicate o sono in attesa del riesame di una precedente condanna. Visto che la loro colpevolezza non è stata accertata, devono in linea di principio essere considerate come innocenti, dichiara Thomas Hammarberg pubblicando oggi il suo ultimo Human Rights Comment.
La loro incarcerazione può essere giustificata unicamente per rispondere alle necessità di un’indagine efficace – ovvero preservare l’integralità degli elementi di prova disponibili, impedire qualsiasi collusione e interferenza con i testimoni, o ancora per assicurarsi che gli interessati non fuggano.
Dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, il dilemma è evidente. Per tale ragione la detenzione preventiva deve essere prevista in quanto misura eccezionale: è opportuno ricorrervi unicamente nel momento in cui le altre opzioni sono giudicate insufficienti. La Convenzione europea dei diritti dell’uomo precisa che una detenzione preventiva prolungata deve essere riesaminata regolarmente e giustificata unicamente in circostanze eccezionali (articolo 5).
Un ricorso sistematico e poco giustificato
Il ricorso alla detenzione preventiva è tuttavia praticamente sistematico in un certo numero di Stati europei. La conseguenza del ricorso a questa prassi è che circa una persona detenuta su quattro in Europa si trova in stato di detenzione preventiva, senza nemmeno essere stata oggetto di una condanna definitiva. Si tratta di una stima media, poiché le cifre variano in maniera considerevole da un paese all’altro: si passa infatti dall’11% della Repubblica ceca al 42% dell’Italia.
La detenzione preventiva deve essere disposta da un’autorità giudiziaria, in seguito ad una valutazione oggettiva della necessità assoluta di questa decisione, e motivata. Ma la Corte europea dei diritti dell’uomo ha per esempio constatato che le decisioni giudiziarie emesse in Turchia non fornivano sufficienti precisazioni sulle motivazioni di tale detenzione.
In questi casi, i tribunali hanno impiegato solo una formulazione identica e stereotipata, quale “tenuto conto della natura del reato, degli elementi di prova disponibili e del contenuto del dossier”. Anche in Georgia, le decisioni che impongono la detenzione preventiva mancano alla base di motivazioni proprie e personalizzate a ciascun caso.
Durata eccessiva della detenzione preventiva
La durata della prevenzione detentiva è un’altra fonte di preoccupazione. Alcuni Stati non stabiliscono alcuna durata massima per la detenzione preventiva. Altri autorizzano tale detenzione per un periodo eccessivamente lungo, che può arrivare fino a quattro anni.
Di conseguenza, è possibile che una persona sia incarcerata per anni senza essere giudicata, e alla fine addirittura riconosciuta innocente. Non è raro che presso la Corte di Strasburgo vengano presi in esame casi in cui gli interessati sono restati in stato di detenzione preventiva dai quattro ai sei anni.
Ho potuto constatare personalmente come le condizioni di detenzione delle case circondariali non rispettassero spesso le norme applicabili in materia. Il sovraffollamento delle carceri è una condizione diffusa ed accade di frequente che non sia rispettato il principio fondamentale in virtù del quale gli imputati detenuti devono essere tenuti separati dai condannati. La situazione di questi imputati è altresì aggravata dalla durata indeterminata della loro carcerazione e dalle incertezze legate all’esito del procedimento.
Gravità delle conseguenze
Questa situazione produce altre gravi conseguenze per gli interessati. Un recente studio ha messo in evidenza quali sono le ripercussioni socio-economiche della detenzione preventiva: accade che gli imputati perdano la loro occupazione, che siano costretti a vendere i propri beni o che siano sfrattati dalle loro case. Il semplice fatto di essere stati incarcerati può comportare un’emarginazione degli ex imputati, anche quando la loro innocenza è stata accertata.
È sorprendente che i governi non adottino ulteriori misure per prevenire simili conseguenze, nonostante il fatto che il sistema penitenziario sia costoso oltreché sovraccarico in diversi paesi europei. Una serie di misure alternative alla detenzione, più umane ed efficaci, si rivelerebbero idonee in molti casi. Le misure di controllo non privative della libertà, come gli arresti domiciliari o il rilascio su cauzione, sono utilizzate troppo raramente.
Il ricorso alla detenzione preventiva dovrebbe essere limitato a situazioni di assoluta necessità
Per favorire la discussione sulle norme minime applicabili in materia, la Commissione europea ha di recente pubblicato un Libro verde. Il procedimento consisterà nell’esaminare nel dettaglio le alternative possibili alla detenzione preventiva e le iniziative che potrebbero essere adottate per promuoverle e per porre fine all’eccesiva durata della detenzione preventiva.
Questa riflessione potrebbe inspirarsi ad alcune norme definite dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa. Esso sottolinea, nellaRaccomandazione (2006)13 dedicata all’utilizzo della detenzione preventiva, l’importanza dei principi della presunzione di innocenza e del diritto alla libertà. La detenzione preventiva di persone sospettate di aver commesso un reato dovrebbe essere di conseguenza l’eccezione e non la regola.