Le politiche di controllo delle frontiere dell’UE nuocciono ai diritti umani, lo dice il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa

immigrazioneStrasburgo, 15 novembre 2013 – “L’esternazione da parte dell’Unione europea delle politiche di controllo delle frontiere esterne ha effetti deleteri sui diritti dell’uomo, in particolar modo, sul diritto di lasciare un paese, condizione preliminare e necessaria per il pieno godimento degli altri diritti, specialmente del diritto di richiedere asilo”, ha dichiarato quest’oggi Nils Muižnieks, Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, in occasione della pubblicazione di uno studio dedicato al diritto di lasciare un paese.

 “Il diritto di lasciare un paese, inscritto nella maggior parte degli strumenti più importanti relativi ai diritti umani, ha come obiettivo fare in modo che le persone possano circolare liberamente, senza ostacoli ingiustificati. L’UE ha adottato un approccio di controllo delle frontiere e dell’immigrazione che suscita gravi preoccupazioni. Infatti, porta paesi terzi a modificare la propria legislazione e le proprie pratiche in un modo in cui c’è il rischi di implicare violazioni dei diritti umani, specialmente del diritto di lasciare un paese, del divieto delle espulsioni collettive e del diritto di chiedere asilo e di beneficiarne”.

 Tra le misure che suscitano preoccupazioni quanto alla propria compatibilità con i diritti umani figurano la schedatura etnica nei punti di passaggio delle frontiere, le sanzioni imposte alle compagnie aeree che non effettuano attività di polizia, la confisca dei documenti di viaggio, gli accordi di riammissione e la pratica illegale e molto problematica del rimpatrio, che consiste nell’intercettare persone in mare o in frontiere su terra e nel rimandarle nei luoghi di partenza.

 “Le conseguenze di queste misure sono particolarmente evidenti nei Balcani occidentali, dove i paesi sono fortemente incitati a ridurre il numero dei propri cittadini che richiedono asilo nell’UE: qualunque stato che non ottemperi rischia di vedersi reintrodurre l’obbligo dei visti per tutti i propri espatriati. Non stupisce dunque che alcuni stati della regione limitino le partenze di persone sospettate di voler chiedere asilo, di cui la maggior parte sono Rom”.

 Solamente negli anni dal 2009 al 2012, sono stati circa 7 000 i cittadini dell’”ex Repubblica jugoslava di Macedonia” che sono stati privati della possibilità di lasciare il paese; i passaporti di coloro che sono stati rinviati nel paese dalle autorità degli Stati membri dell’UE sono stati regolarmente sequestrati. Nel dicembre del 2012, è stata introdotta una nuova infrazione nel codice penale serbo che complica la domanda d’asilo dei serbi all’estero.

Come si evince dallo studio, è altresì preoccupante che l’UE finanzi centri che accolgono gli espatriati di paesi terzi e che incoraggi i paesi limitrofi ad attuare sistemi di controllo elaborati per evitare che i propri espatriati lascino il proprio territorio.

 Infine, le guardie di frontiera degli Stati membri dell’UE conducono operazioni in mare per allontanare i migranti dalle frontiere dell’UE, così come alle frontiere su terra tra gli Stati terzi, in modo che gli espatriati di questi Stati non raggiungano mai le frontiere dell’UE, centinaia di chilometri più lontane. “Senza dubitare dell’attenzione dell’UE ai diritti umani e alle libertà fondamentali, ci si può domandare se tali attività di controllo delle frontiere siano compatibili con le norme universali ed europee relative ai diritti umani. È tempo che l’UE renda le proprie politiche di controllo delle frontiere più rispettose dei diritti umani, più trasparenti e più responsabili”.

Per il Commissario per i diritti umani dieci anni di “guerra mondiale al terrorismo” hanno indebolito i diritti umani – anche in Europa

Strasburgo, 1° setttembre 2011 – Il 10º anniversario dei vili ed esecrabili attentati dell’11 settembre rappresenta un’occasione di riflettere su tali eventi e sulle loro conseguenze. Questi atti terroristici costituiscono un crimine contro l’umanità, la cui gravità non deve essere dimenticata, ha dichiarato il Commissario per i diritti umani, Thomas Hammarberg, nel suo ultimo “Human Rights Comment”, pubblicato in data odierna. La ricorrenza dell’anniversario porta altresì a chiedersi se le risposte dei governi agli attentati siano state adeguate ed efficaci.

Gli Stati Uniti hanno creato una vasta coalizione al fine di punire con rapidità e in modo appropriato i responsabili ed evitare che simili atrocità potessero ripetersi in futuro. Vi era la necessità di riunirsi attorno ad un obiettivo comune.
Quanto alle drammatiche conseguenze dell’11 settembre, non è la volontà di reagire che è in questione, bensì la scelta erronea dei metodi. Con l’obiettivo di reprimere i reati attribuiti ai terroristi, la guerra mondiale al terrore, condotta dagli Stati Uniti, ha dato luogo a innumerevoli altri reati, molti dei quali occultati deliberatamente e con cura. Tali azioni esigono un‘autocritica, anche in Europa.

Per approfondire l’argomento si veda il dossier “Terrorismo” del Consiglio d’Europa

I “casi Dublino” davanti alla CEDU

Strasburgo, 18 ottobre 2010 – Attualmente davanti alla CEDU sono pendenti più di 1.000 casi che riguardano respingimenti in applicazione del c.d. “Sistema Dublino”, la normativa comunitaria che regola il trattamento delle domande dei richiedenti asilo.

Un caso di grande attualità è per esempio quello da me segnalato recentemente, il caso M.S.S. c. Belgio e Grecia, trattato in Grande Camera all’udienza del 1° settembre 2010.

Ricordo che il “Sistema Dublino” individua lo Stato membro responsabile dell’esame della domanda d’asilo presentata da un cittadino proveniente da un Paese terzo che arrivi sul territorio di uno degli Stati membri dell’Unione europea.

In base al Regolamento di Dublino, gli Stati membri dell’Unione europea determinano, in base a criteri obiettivi, quale degli Stati è responsabile dell’esame di una domanda di asilo presentata sul loro territorio, questo per evitare che si presentino più domande e per permettere che il richiedente sia seguito da un solo Stato membro. Se i criteri fissati dal Regolamento di Dublino individuano un altro Stato membro come responsabile dell’esame della domanda, quest’ultimo è invitato a farsi carico del fascicolo e il richiedente viene rinviato verso tale Paese.

I ricorrenti che si rivolgono alla CEDU ritengono che in certi Paesi dell’Unione europea l’esame delle loro domande sia superficiale e approssimativo, con alto rischio di rigetto per queste ragioni.

In genere i ricorsi presentati alla CEDU sono contro il Regno Unito, il Belgio, i Paesi Bassi, la Finlandia e la Francia e i Paesi di destinazione che fanno parte dell’Unione Europea dove si teme il rischio di rigetto per esame superficiale e approssimativo delle domande, sono essenzialmente la Grecia e l’Italia.

Ad oggi risultano comunicati ai Governi convenuti circa una cinquantina di casi e la Cancelleria della CEDU è in attesa delle osservazioni da parte delle parti.

In molti casi i ricorrenti hanno richiesto alla CEDU l’adozione di misure cautelari.

Qui di seguito riporterò alcuni casi di particolare interesse e che si occupano delle problematiche legate alla legislazione comunitaria “Dublino”.

Rischi di maltrattamenti in caso di respingimento conseguente alla legislazione “Dublino”

T.I. c. Regno Unito : il ricorrente, cittadino sri-lankese, arrivato in Inghilterra dove aveva presentato richiesta di asilo secondo la Convenzione di Dublino, aveva presentato ricorso alla CEDU perché il Governo britannico aveva chiesto alla Germania di farsi carico dell’esame della sua domanda di asilo. Il ricorrente temeva che, una volta arrivato in Germania, le autorità tedesche avrebbero esaminato in modo sommario il suo fascicolo, rigettando la sua domanda, con il rischio di essere rinviato in Sri Lanka dove affermava di correre un rischio reale di subire maltrattamenti da parte dei LTTE, da cui era fuggito lasciando il suo paese. Il ricorrente affermava inoltre di essere stato detenuto e torturato per tre mesi a Colombo da parte delle forze di sicurezza perché sospettato di essere una Tigre Tamil. Il ricorso è stato dichiarato irricevibile con decisione del 7 marzo 2000. In questo caso la CEDU ha ritenuto che l’esistenza di un rischio reale che la Germania espellesse il ricorrente verso lo Sri Lanka, in violazione dell’articolo 3 della Convenzione, non fosse stato provato.

K.R.S c. Regno Unito : un cittadino iraniano, arrivato in Inghilterra dopo essere passato dalla Grecia, presentava domanda di asilo in Inghilterra. Conformemente al Regolamento di Dublino, il Regno Unito chiedeva alla Grecia di farsi carico della richiesta di asilo e la Grecia accettava. Il ricorrente presentava ricorso alla CEDU affermando che in caso di sua espulsione verso la Grecia vi sarebbe stata violazione dell’articolo 3 della Convenzione, a causa della situazione dei richiedenti asilo in Grecia. Il ricorso è stato dichiarato irricevibile con decisione del 2 dicembre 2008, questo perché “in assenza di prove contrarie, si deve presumere che la Grecia si conformerà agli obblighi che a lei incombono e che riguardano le persone rinviate”. La CEDU aveva inoltre rilevato che la Grecia non rinvia nessuno verso l’Iran.

Il “Sistema Dublino” è comunque sotto osservazione e una netta presa di posizione si è avuta recentemente da parte del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, intervenuto come parte terza nel caso di Grande Camera M.S.S. c. Belgio e Grecia.

È possibile che la CEDU modifichi il proprio orientamento, soprattutto in caso i ricorrenti riescano a dare prova di quanto affermano.

A mio avviso un buon contributo sul piano probatorio potrebbe essere fornito attraverso l’interessamento di Organismi internazionali, come nel caso M.S.S. c. Belgio e Grecia con l’intervento del Commissario per i diritti umani, ma anche e soprattutto con rapporti circostanziati provenienti da organizzazioni non governative che attestino le reali condizioni dei richiedenti asilo e delle loro domande nei Paesi ritenuti “a rischio di esame superficiale”.

Inoltre ricordo che le parti, a certe condizioni, possono sempre chiedere alla CEDU di effettuare un’istruttoria perché possano essere chiariti alcuni fatti della causa, questo secondo gli articoli A1 e seguenti del Regolamento della CEDU.