Aborto, la C.G.I.L. presenta reclamo collettivo al Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa: la legge n. 194 del 1978 viola i diritti delle donne e dei medici non obiettori di coscienza
Strasburgo, 14 febbraio 2013 – il 17 gennaio 2013 la C.G.I.L. ha presentato un reclamo collettivo al Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa.
Secondo la C.G.I.L. Le norme della legge 194 del 1978 sull’aborto che permettono l’obiezione di coscienza violano la Carta Sociale Europea non tutelando il diritto delle donne alla salute e i diritti dei modici non obiettori, i cui carichi di lavoro risultano alterati.
Secondo la C.G.I.L. l’articolo 9 della legge 194 del 1978, che regola il diritto all’obiezione di coscienza del personale medico, ma allo stesso tempo sancisce che gli ospedali e le regioni devono assicurare sempre il diritto di accesso ai trattamenti interruttivi della gravidanza, viola la Carta sociale europea perché non precisa quali misure specifiche devono essere prese per garantire una adeguata presenza di personale medico non obiettore in tutte le strutture ospedaliere pubbliche.
Questa mancanza di chiarezza, unita all’elevato numero di medici obiettori di coscienza finisce per avere effetti negativi sia sulle donne che vogliono o debbono ricorrere all’aborto sia sul personale medico non obiettore di coscienza che si ritrova a dover sostenere tutto il carico di lavoro necessario a garantire sempre l’accesso all’interruzione di gravidanza.
Per avvalorare la sua tesi la C.G.I.L. ha presentato una serie di dati relativi al numero di medici obiettori e non obiettori. Se a livello nazionale gli obiettori variano tra un minimo del 67% al nord e l’80,5% al sud, alcune realtà locali sono ancora più eloquenti. Per esempio a Messina su 9 ospedali, 4 non hanno medici non obiettori, altri 4 ne hanno solo due, e l’ultimo ne ha 4. A Pescara un solo ospedale su tre pratica l’interruzione di gravidanza e ad assicurare questa prestazione è un solo ginecologo.