Strasburgo, 6 ottobre 2009 – Con sentenza del 28 agosto 2009 (in versione francese , inglese e italiana), nel caso Giuliani e Gaggio c. Italia (ricorso n. 23458/02), la CEDU ha dichiarato la non violazione dell’art. 2 della Convenzione (diritto alla vita) per quanto riguarda l’uso eccessivo della forza e gli obblighi positivi di proteggere il bene della vita, mentre ha ritenuto che ci sia stata violazione dell’art. 2 sotto il profilo del mancato rispetto degli obblighi procedurali.
La CEDU ha poi dichiarato che non vi è stata violazione dell’art. 38 della Convenzione.
Ai sensi dell’art. 41 della Convenzione, la CEDU ha riconosciuto ai ricorrenti la somma complessiva di 25.000 euro.
Come forse molti sanno, questo ricorso riguarda la morte del giovane Carlo Giuliani durante gli scontri avvenuti a Genova nel luglio 2001 in occasione del G8.
La CEDU ha cosi ricostruito la vicenda.
Il 20 luglio durante una manifestazione autorizzata, si scatenarono scontri di estrema violenza tra militanti terzomondiali e le forze dell’ordine. Verso le cinque del pomeriggio, sotto pressione dei manifestanti, un plotone composto da una cinquantina di carabinieri si ritirò a piedi lasciando due veicoli isolati. Uno di questi, a bordo del quale si trovavano tre carabinieri, restò immobilizzato in Piazza Alimonda. Il veicolo venne circondato e assaltato violentemente da un gruppo di manifestanti, alcuni dei quali armati di spranghe in ferro, picconi, pietre e altri oggetti contundenti. Uno dei carabinieri, ferito, estrasse l’arma di servizio e, dopo aver ingiunto l’alt, esplose due colpi verso l’esterno del veicolo. Carlo Giuliani, che indossava un passamontagna e che partecipava attivamente all’aggressione, venne colpito in pieno viso e ferito mortalmente. Nel tentativo di liberare il veicolo, il conducente calpestò per due volte il corpo inanimato del giovane. Appena i manifestanti vennero dispersi, un medico accorso sul luogo dell’incidente, poté constatare il decesso di Carlo Giuliani.
Le autorità italiane aprirono immediatamente un’indagine. Venne aperto un procedimento penale per omicidio volontario nei confronti del carabiniere che aveva sparato e del conducente del veicolo. L’autopsia, effettuata 24 ore dopo il decesso, accertò che la morte era stata provocata dal colpo di arma da fuoco e non dalle manovre effettuate dal veicolo. Il medico legale ritenne che il colpo d’arma da fuoco era stato esploso con una traiettoria dall’alto verso il basso.
A richiesta del pubblico ministero, vennero effettuate tre perizie. Nelle conclusioni della terza perizia, depositata nel giugno 2002, i consulenti deplorarono il fatto che il pubblico ministero avesse dato alla famiglia l’autorizzazione alla cremazione del corpo di Carlo Giuliani. Ritenevano infatti che il proiettile era stato tirato con traiettoria verso l’alto, ma perchè deviato da una pietra lanciata contro il veicolo da un altro manifestante.
Il 5 maggio 2003, il giudice per le indagini preliminari archiviò la procedura. Questo perchè era stato ritenuto che il conducente del veicolo, che aveva provocato contusioni ed ecchimosi, non poteva essere ritenuto responsabile d’omicidio in quanto non aveva potuto vedere Carlo Giuliani per la confusione che c’era attorno al veicolo. Riguardo invece all’autore del colpo mortale, il giudice aveva ritenuto che il colpo era stato esploso senza l’intenzione di uccidere e che in ogni caso l’autore aveva agito per legittima difesa, a causa della violenza dell’aggressione, che lui e i suoi colleghi avevano subito.
Riguardo alle doglianze, i ricorrenti, i genitori e il fratello di Carlo Giuliani, invocando l’articolo 2 della Convenzione, hanno eccepito che la morte di Carlo Giuliani sia stata provocata per l’uso eccessivo della forza, dato che le operazioni per il mantenimento e il ristabilimento dell’ordine pubblico sono state insufficienti. Inoltre l’assenza di soccorsi immediati avrebbe comportato la violazione degli articoli 2 e 3 della Convenzione. Peraltro, invocando sempre l’articolo 2, 6 e 13, i ricorrenti hanno ritenuto che non fosse stata condotta un’indagine effettiva sulla morte del loro congiunto. Infine, i ricorrenti hanno affermato che il Governo italiano ha violato l’articolo 38 della Convenzione (esame contraddittorio) per aver omesso di fornire informazioni alla CEDU o per aver fornito informazioni false.
La CEDU, riguardo alla violazione dell’articolo 2 della Convenzione e in particolare sull’uso eccessivo della forza, ha ritenuto che non vi sia stata alcuna violazione. Dopo aver ricordato i principi generali elaborati dalla sua giurisprudenza, la CEDU, passando ad esaminare i motivi che hanno condotto il giudice per le indagini preliminari ad archiviare il caso, ha considerato che il carabiniere che aveva esploso i colpi d’arma da fuoco era di fronte ad un gruppo di manifestanti che stavano attaccando con violenza il veicolo dove si trovava e che lo stesso aveva sparato, ma tenendo l’arma ben visibile e dopo aver intimato agli stessi di fermarsi. Secondo la CEDU il ricorso alla forza non ha oltrepassato i limiti in quanto era assolutamente necessaria per permettere al carabiniere e ai suoi colleghi di sottrarsi ad un pericolo reale ed imminente.
Riguardo invece all’obbligo positivo di proteggere il bene della vita, la CEDU ha ritenuto che quando uno Stato organizza un evento internazionale ad alto rischio, deve adottare tutte le misure di sicurezza necessarie, nel rispetto dei diritti di espressione e di riunione degli eventuali manifestanti. Nel caso di specie la CEDU ha voluto verificare se le autorità italiane, nell’organizzare e nel dirigere le operazioni di mantenimento dell’ordine, abbiano ridotto al minimo il rischio di usare la forza. I ricorrenti avevano infatti affermato che c’erano stati problemi nell’organizzazione e che non era stata aperta alcuna inchiesta interna. Ma proprio a causa della mancanza di un’inchiesta interna e tenendo comunque presente che si trattava di un evento di grandi dimensioni in cui le forze dell’ordine avevano subito una pressione enorme, la CEDU ha ritenuto di non essere in grado di stabilire se ci sia stato un nesso di causalità tra le eventuali mancanze nella pianificazione delle operazioni di polizia e la morte di Carlo Giuliani. Peraltro la CEDU ha rilevato che le forze di polizia hanno immediatamente chiamato i soccorsi. Conseguentemente la CEDU ha ritenuto che le autorità italiane non siano venute meno all’obbligo positivo di proteggere la vita di Carlo Giuliani.
Riguardo agli obblighi procedurali nascenti dall’art. 2 della Convenzione, la CEDU ha rilevato che l’autopsia effettuata non ha permesso di stabilire con certezza la traiettoria del proiettile ne’ ha permesso di recuperare un frammento di metallo rimasto nel corpo della vittima. A ciò si deve aggiungere il fatto che, ancora prima di ricevere i risultati dell’autopsia, il procuratore ha autorizzato la famiglia Giuliani a cremare il corpo del loro congiunto, rendendo cosi impossibile ogni esame successivo. Inoltre la CEDU ha ritenuto che anche le indagini disposte siano da censurare perchè si sono concentrate sulle responsabilità degli autori diretti, senza invece fare alcuna luce sulle eventuali mancanze nella pianificazione e nella gestione delle operazioni di mantenimento dell’ordine pubblico. Sotto questo profilo pertanto la CEDU ha ritenuto che l’Italia non ha rispettato gli obblighi procedurali nascenti dall’art. 2 della Convenzione.
La CEDU ha inoltre ritenuto che essendo stata dichiarata la violazione dell’art. 2, non si dovessero esaminare separatamente le doglianze relative agli artt. 6 e 13.
Riguardo alla violazione dell’art 3, invocata dai ricorrenti per il passaggio con il veicolo sul corpo di Carlo Giuliano e per la mancanza di soccorsi immediati, la CEDU ha ritenuto che le forze dell’ordine non hanno voluto infliggere intenzionalmente alcuna sofferenza e che tali circostanze dovevano invece essere esaminate esclusivamente alla luce dell’art. 2 della Convenzione.
Infine, riguardo alla violazione dell’art. 38 della Convenzione lamentata dai ricorrenti, la CEDU ha ritenuto che il Governo italiano abbia cooperato sufficientemente perché si potesse esaminare il caso in modo appropriato.
Allegate alla sentenza si possono trovare anche diverse opinioni parzialmente dissenzienti espresse dai giudici Bratza, Šikuta, Casadevall, Garlicki e Zagrebelsky.