Nel caso ENEA c. Italia, la CEDU decide in un caso di detenzione ai sensi dell’art. 41 bis e E.I.V.

Strasburgo 14 ottobre 2009 – Con sentenza del 17 settembre 2009, la CEDU, in Grande Camera, ha deciso nel caso ENEA c. Italia (ricorso n. 74912/01). La CEDU ha accertato la non violazione dell’art. 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti), la violazione dell’art. 6 § 1, (diritto ad un equo processo), per quanto riguarda il diritto ad un tribunale durante il periodo di applicazione del regime speciale di detenzione, la non violazione dell’art. 6 § 1, per quanto riguarda il diritto ad un tribunale durante il periodo di detenzione nel settore E.I.V. e la violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della corrispondenza).

In applicazione dell’art. 41 della Convenzione, la CEDU ha statuito che l’accertamento della violazione costituisce di per sè un’equa soddisfazione per quanto riguarda i danni morali, riconoscendo la somma di 20.000 a titolo di rimborso per le spese ed onorari di procedura.

Quanto alla vicenda, il ricorrente è stato condannato a trent’anni di reclusione per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti e porto illegale di armi da fuoco. Il ricorrente, detenuto, è obbligato a utilizzare una sedia a rotelle a causa delle diverse patologie di cui soffre. Fino al marzo 2005 il ricorrente è stato sottoposto al regime speciale di detenzione previsto dall’art. 41bis della legge sull’ordinamento penitenziario e, successivamente, a quello denominato E.I.V. (Elevato Indice di Vigilanza).

Il ricorrente ha denunciato alla CEDU la violazione dell’art. 3, ritenendo il regime di detenzione a cui è stato sottoposto un trattamento inumano e degradante. Il ricorrente si è inoltre lamentato della violazione dell’art. 6 e dell’art. 13, per aver subito delle limitazioni importanti quanto all’esercizio del diritto ad un tribunale relativamente ai provvedimenti ministeriali che lo avevano sottoposto al regime speciale previsto dall’art. 41bis e al fatto di essere confinanto nel settore E.I.V. Il ricorrente ha denunciato inoltre la violazione dell’art. 8 per le limitazioni ai contatti familiari e per il controllo della corrispondenza.  Infine, il ricorrente si è lamentato della violazione dell’art. 9, diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e religione, per non aver potuto praticare la propria religione, essendogli stato impedito di assistere ai funerali di suo fratello e della sua compagna.

I giudici Kovier e Gyulumyan hanno espresso un’opinione parzialmente dissenziente, allegata alla sentenza.

La sentenza è disponibile in versione inglese e francese.