Strasburgo, 28 maggio 2010 – In questi giorni hanno attirato la mia attenzione due interventi di Flai CGIL di Lecce e di Latina. Questo sindacato ha infatti denunciato il grave sfruttamento dei lavoratori stranieri assunti come braccianti per la raccolta dei prodotti agricoli nelle campagne del Salento e di Latina. Nel primo caso i migranti sfruttati sono soprattutto sudanesi ed eritrei che raccoglieranno angurie per un centesimo al chilo per 14 ore al giorno, dormendo in alloggi di fortuna o all’aperto, mentre nel secondo caso saranno gli indiani che riceveranno una paga media di 3 euro e 50 centesimi all’ora o addirittura nulla.
La situazione disumana in cui vivono queste persone e il loro sfruttamento da parte della criminalità mi fa riflettere, ritenendo che il loro caso rientri nella fattispecie prevista dall’articolo 4 § 1 della Convenzione che stabilisce che “nessuno può essere ridotto in condizioni di schiavitù o di servitù”.
Sul tema della riduzione in schiavitù si è recentemente pronunciata la CEDU nel caso Rantsev c. Cipro e Russia (ricorso n. 25965/04) con sentenza del 7 gennaio 2010. Con tale pronuncia la CEDU ha fornito un quadro esaustivo degli strumenti nazionali e internazionali per combattere la tratta degli esseri umani e ha contribuito a dare un ulteriore strumento giuridico per contrastare il fenomeno dello sfruttamento dell’individuo.
Detto questo, confido che le autorità pubbliche intervengano sollecite per contrastare lo sfruttamento denunciato dalle Flai CGIL di Lecce e di Latina, fornendo al contempo l’aiuto e il supporto necessari a questi lavoratori ridotti in condizioni di schiavitù o di servitù. In mancanza si potrebbe profilare una responsabilità da parte dello Stato per essere rimasto colpevolmente assente nel combattere questo fenomeno inumano e indegno e per non averne protetto le vittime.