Strasburgo, 28 aprile 2010 – Il Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (CPT) del Consiglio d’Europa ha pubblicato oggi il rapporto (qui in versione inglese) relativo alla visita ad hoc condotta nel luglio 2009 in Italia, nonché la risposta del Governo italiano (qui in versione inglese) . Entrambi i documenti sono stati resi pubblici su richiesta delle autorità italiane.
Secondo il CPT la politica italiana del “respingimento”, che consiste nell’intercettare migranti in mare e nel costringerli a tornare in Libia o in altri paesi non europei, rappresenta una violazione del principio di non-respingimento. Il CPT sottolinea che l’Italia è vincolata al principio di non-respingimento indipendentemente dal luogo in cui essa eserciti la sua giurisdizione, il che non esclude l’esercizio della stessa attraverso il proprio personale e le navi coinvolte nella protezione dei confini o nel soccorso in mare, anche quando operino al di fuori delle acque territoriali. Inoltre, tutte le persone che rientrano sotto la giurisdizione dell’Italia dovrebbero poter avere la possibilità di richiedere la protezione internazionale e di fruire delle strutture necessarie. Secondo le informazioni a disposizione del CPT, durante il periodo preso in esame, le autorità italiane non hanno offerto ai migranti intercettati in mare tali possibilità e strutture. Al contrario, alle persone rinviate in Libia nel quadro delle operazioni condotte da maggio a luglio 2009, è stato negato il diritto di ottenere una valutazione individuale del proprio caso, nonché un accesso effettivo al sistema di protezione dei rifugiati.
Inoltre, sempre secondo il CPT, la Libia non può essere considerato un Paese sicuro in termini di diritti umani e di diritti dei rifugiati. La situazione delle persone arrestate e detenute in Libia, compresi i migranti – i quali corrono inoltre il rischio di essere espulsi in altri paesi – indica che coloro che sono rinviati verso la Libia rischiano di essere vittime di maltrattamenti.
Questo recentissimo rapporto del CPT mi porta ad una considerazione semplice, ossia che il rinvio a giudizio richiesto nei giorni scorsi dalla Procura della Repubblica di Siracusa per concorso in violenza privata di alcuni funzionari del ministero dell’Interno e della Guardia di Finanza per respingimenti in mare avvenuti nell’agosto 2009, è un’azione doverosa che permette allo Stato italiano di riparare a violazioni gravi di diritti fondamentali quali il diritto alla vita e all’integrità fisica.