Strasburgo, 12 giugno 2009 – Ieri la Camera dei deputati italiana ha approvato il disegno di legge “Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche” (1415). Nei prossimi giorni il disegno di legge passerà al Senato.
Sul questo disegno di legge si è pronunciato il CSM (si veda il parere del 17 febbraio 2009), oltre a giuristi e a moltissimi giornalisti.
La regolamentazione delle intercettazioni è nata dall’esigenza di evitare la pubblicazione di conversazioni registrate e avvenute con persone terze e non implicate nelle indagini giudiziarie. Tuttavia, a parere di molti il disegno di legge approvato alla Camera, renderà difficili e complicate quelle stesse indagini giudiziarie che si svolgono e si svolgeranno su ipotesi di reato gravi come l’omicidio, la rapina, la pedofilia e la corruzione. Le notizie potranno inoltre essere date solo a conclusione delle indagini preliminari.
L’impatto di questo disegno di legge sul diritto all’informazione sarà a mio avviso sostanzialmente negativo. Difatti, impedendo ai giornalisti di fare informazione su rilevanti inchieste penali fino alla chiusura delle indagini preliminari, i cittadini verranno a conoscenza di vicende di rilevante interesse pubblico molto tardi o addirittura mai.
Esaminando la questione dal punto di vista della Convenzione, ricordo che l’articolo 10, sulla libertà di espressione, stabilisce che:
“Ogni persona ha diritto alla libertà d’espressione. Tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. (…)”
L’elaborazione giurisprudenziale della CEDU in materia enuncia una serie di principi che conferiscono alla stampa un’importanza particolare nella libertà di espressione.
Tra tali principi, ricordo che la CEDU riconosce alla libertà di stampa un ruolo particolare in questioni di interesse pubblico.
Tra i tanti, ricordo il caso Sunday Times (n. 1) c. Regno Unito, dove la CEDU, con sentenza del 26 aprile 1979 si è pronunciata su un ricorso presentato dall’editore, il redattore capo e un gruppo di giornalisti del settimanale inglese Sunday Times. Nel 1972, una casa editrice aveva pubblicato sul settimanale inglese menzionato un articolo sulla vicenda drammatica riguardante il commercio e l’utilizzo di farmaci contenenti talidomide che, assunti da donne incinte, aveva provocato malformazioni gravissime ai bambini poi nati. Su questa vicenda venivano aperte delle indagini giudiziarie per accertare le eventuali responsabilità della casa farmaceutica produttrice del farmaco. Sulla vicenda il Sunday Times pubblicava un articolo che titolava “I nostri bambini vittime del talidomide: una vergogna per il paese”, preannunciando la pubblicazione di un secondo articolo sullo stesso argomento. Ma l’autorità giudiziaria interveniva vietando la diffusione del secondo articolo, essendoci già un procedimento giudiziario in corso.
In questo caso la CEDU ha affermato che l’ingerenza della pubblica autorità inglese, esercitata vietando la pubblicazione di notizie sulla vicenda del talidomide, non corrispondeva ad un bisogno sociale tale da prevalere sull’interesse pubblico legato alla libertà di espressione.
Detto questo, si può giungere alla conclusione che il disegno di legge sulle intercettazioni, in corso di approvazione, non permettendo di fare informazione su rilevanti questioni di interesse pubblico, potrà violare quanto sancito dall’articolo 10 della Convenzione.